Lo speziale
I nostri antichi colleghi si chiamavano ‘speziali’. Diretto
erede dei 'rizotomi' ed 'erborarii' , nonchè dell’ ‘apothecarius’
dell’epoca romana, lo speziale era innanzitutto un maestro preparatore
di medicine. La sua arte era suddivisa in quattro soggetti principali:
1) la conoscenza dei medicamenti semplici, di origine minerale, vegetale
o animale
2) la conoscenza della migliore ‘elezione’, ovvero delle
buone caratteristiche organolettiche, dei medicamenti semplici affinchè
da essi si traessero le migliori proprietà terapeutiche richieste
3) la loro raccolta, conservazione e preparazione
4) la ‘composizione’ ossia l’arte di mescolare i
medicamenti semplici per ottenere i medicinali ‘composti’,
e la loro corretta conservazione fino al momento della somministrazione.
Come si diventava ‘speziale’?
In epoca alto medievale lo speziale aveva appreso la sua arte da un
altro speziale che lo aveva accolto come discepolo nella sua bottega.
Ne conseguiva che non sempre le ‘medicine’ erano preparate
da individui competenti a sufficienza.
In epoca comunale troviamo gli speziali associati in corporazioni
o ‘arti’, la cui struttura sovraintendeva tra le altre
cose al controllo che l’arte della speziaria venisse svolta
da persone effettivamente preparate.
l’Arte degli speziali della Repubblica di Siena si dette le
sue regole, o ordinamenti, per iscritto nel 1355 (Breve degli Speziali:
Arch. di Stato di Siena, fondo Arti 132). Qui troviamo che chi volesse
esercitare la professione di Maestro speziale, ovvero conduttore di
spezieria, dovesse essere esaminato da una commissione severissima
composta dai tre Rettori e dal Camarlengo dell’Arte, da tre
speziali scelti uno per ciascun terziere della città, e da
tre medici.
A Siena bisognerà aspettare i primissimi anni del XVIII secolo,
con un editto del Granduca Cosimo III de’ Medici del 1706, perché
venisse fatto obbligo a chi voleva esercitare la professione di speziale,
ed essere ammesso all’Arte, di aver frequentato per almeno tre
anni le lezioni di un ‘Semplicista’ presso lo ‘Studium’,
cioè l’Università, e avere superato positivamente
la sua valuazione finale.
Cosa vendevano gli speziali nelle loro botteghe?
Gli Speziali, oltre a preparare essi stessi le medicine su prescrizione
dei medici, vendevano le erbe, le droghe e le spezie necessarie alla
preparazione dei medicinali, che i medici si volevano preparare da
soli. Ma le ‘spezie’ erano usate anche per scopi alimentari.
Per cui si deve credere che la bottega dello speziale fosse frequentata
non solo da chi necessitava di medicine per gli infermi, ma anche
da coloro che usavano le spezie per insaporire le loro vivande. Alcuni
speziali si cimentavano poi nella preparazione di dolci ricchi di
spezie come i biricuocoli e il panforte. Gli speziali smerciavano
anche profumi ed essenze e i colori per tintori e pittori. Vendevano
inoltre la cera per le candele, il sapone, lo spago, la carta da scrivere
e l’inchiostro. Insomma se si dovesse fare un raffronto con
l’epoca moderna, la bottega dello speziale era un po’
un insieme di farmacia, di profumeria, di pasticceria, di mesticheria
e di cartoleria, dopotutto non tanto diverso dai ‘drugstores’
americani di oggi. Fatto sta che dalla vendita di tutte queste merci
derivava grande prosperità economica per lo speziale ed il
suo era considerato uno dei mestieri più redditizi.
Ma quanti Speziali a Siena nel ‘300!
Nel ‘300 la prima condizione per essere iscritti all’Arte
degli Speziali in Siena era di avere cittadinanza senese e di esercitare
bene et legaliter la professione. Per essere Capo Maestro era poi
fatto obbligo di condurre una bottega.
Nel XIV secolo quante ‘spezierie’ c’erano a Siena?
Lo possiamo dedurre dagli elenchi presenti nel Breve sopracitato.
Per esempio nel 1370 c’erano 18 Capi Maestri iscritti nel Terzo
di Città, 10 nel Terzo di San Martino e 20 nel Terzo di Camollia.
Se i conti tornano questo significa che a quei tempi in città
c’erano quasi cinquanta botteghe di speziale. Davvero un bel
numero se lo si confronta con il numero delle farmacie nella Siena
di oggi. Però in realtà bisogna tenere conto del fatto
che, come detto sopra, gli speziali non vendevano solo 'medicine',
quindi per un confronto corretto bisognerebbe sommare al numero delle
farmacie di oggi, anche quello delle profumerie, delle mesticherie,
di cartolerie e di pasticcerie. E allora il numero delle botteghe
di speziale in Siena nella seconda metà del XIV° secolo
non ci sembrerà poi tanto insolito. Poi bisogna considerare
che per quei tempi Siena era una ‘grande’ città,
quasi una metropoli, e si pensa che dentro le mura i suoi abitanti
fossero almeno il doppio del numero di abitanti attuale.
Orario di lavoro
Anche se è un po’ assurdo parlare di un ‘orario
di lavoro’ per le antiche botteghe di speziale in Siena, non
di meno è interessante sapere che nel Breve vi sono precise
disposizioni a riguardo che si sono evolute nel tempo a seconda delle
necessità e delle disposizioni dei reggenti della Repubblica
senese. Nel 1355 le spezierie aprivano al suono della campana ‘in
aurora diei’ e chiudevano al suono della campana al 'vespro'.
Si poteva aprire prima o dopo di tali ‘segnali’ solo per
urgenza di ammalati gravi.
Le botteghe dovevano stare ‘serrate’ tutte le domeniche
e nelle ‘feste chomandate’, che erano allora ben 57! In
questi giorni era consentito aprire gli sporti solo su stretta necessità
di chi chiedeva medicine per gli infermi.
In seguito fu concesso di tenere aperto la domenica e nei giorni di
festa ad una spezieria per ciascun Terzo (a turno), ma solo per vendere
droghe per uso alimentare, le tinture e le confetture che gli speziali,
come detto sopra, cumulando l’arte di preparatori di medicine
con quella di pasticceri, avevano preso l’uso di preparare per
le feste, le nozze e i battesimi.
Dal 1457 fu fatto obbligo a tutti gli speziali di Siena di tenere
‘uperte le loro butighe’ nei giorni festivi, perché
fosse più facile ai cittadini trovare le medicine per gli infermi
dal momento che pare che non sempre in quelle tre aperte a turno capitasse
di trovarle già preparate.