Argia Sbolenfi
(alias Lorenzo Stecchetti)
(alias Olindo Guerrini)
Ode Farmaceutica
(1897)
Ho sognato un mar di laudano
Denso, nero e sterminato,
Come un piano formidabile
Di sciroppo concentrato.
Sovra l'onde immote e brune,
Tra i vapor del zafferano,
Svolazzavano importune
Molte mosche di Milano.
Io, per far con meno incomodo
Di quel mar la traversata,
Mi recai sul porto prossimo
E vi presi una fregata.
Il suo nome si leggea
Scritto a lettere d'un metro
Vale a dir FARMACOPEA,
E l'avea per dietro.
Grossi e ritti erano gli alberi
Con le vele di cerotto,
Con le sarte e le gomene
Verniciate di decotto;
E la nave fabbricata
Di campeggio e legno quassio
Era tutta incatramata
Di ioduro di potassio.
Drappeggiati in negre tonache
Molti giovani assistenti
Impastavano le pillole
Lassative o astringenti,
Le supposte, i vescicanti
E gli empiastri da enfiagione
Da servire ai naviganti
A merenda e colazione.
Un po' il foco che facevano,
Un po' il caldo naturale,
In quel tanfo farmaceutico
Mi sentivo venir male;
Per cui visto un recipiente,
Ci sedei sopra di botto
E, vedendo un assistente,
Chiamai forte - Ehi, giovinotto! -
- Che comanda? - chiese il giovane -
Vuol di malva una infusione?
Vuol copaive in mucilaggine?
Preferisce una iniezione?
Adirata io ribattei:
- Non son quella che credete!
Non ho il male che avrà lei:
Ho soltanto un po' di sete.-
- Sete? - disse - il male è piccolo
E guarir con l'acqua suole:
Ma se d'acqua ella desidera,
Mi dirò come la vuole.
Forestiera o del paese?
Vuol Tettuccio o Castrocaro?
Vuol un po' d'acqua ungherese
O un bicchier di sale amaro?-
- Voglio solo acqua purissima! -
Furibonda allor gli osservo.
Mi rispose: - Va benissimo,
Ma in che modo gliela servo?
Perchè buono e da sapersi
Che da noi s'usa di bere
In due modi assai diversi;
O per bocca o per clistere.-
Detto fatto e dalla tonaca
Con un gesto pittoresco
Tirò fuori una gran cannula,
Un affare gigantesco,
E mentr'io gridava: - Ehi, sente...
Lei m'ha preso per isbaglio! -
Quel birbone d'assistente
Lo puntava nel bersaglio.
Se non era che voltandomi
Torsi il fianco un poco a destra,
Quell'infame di flebotomo
Scaricava la balestra;
Ma, insistendo l'animale,
Ne successe un serra serra
E, com'era naturale,
Tutto il brodo ando' per terra.
Io credeva d'esser libera,
Ma mi accadde un altro guaio
Ch'egli prese diero a corrermi
Col pestello del mortaio.
Un orrore, uno spavento,
Un battaglio da museo,
Una razza di strumento
Da sfondare un mausoleo!
Io già stavo per soccombere
Alla orribile balista,
Ma gridai - Galeno salvami,
da quest'empio farmacista! -
E ad un tratto, e fu un enigma,
Spirò un'aria purgativa
Che pareva un borborigma...
E sbarcai sull'altra riva.

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